Mercato immobiliare: l’anomalia italiana

Per il quinto anno consecutivo il mercato immobiliare mondiale continua a mandare segnali confusi. Lo segnala un report dell’Ufficio studi di BNL Paribas, secondo il quale, dopo il calo generalizzato del 2007 le quotazioni hanno seguito trend diversi.

In alcuni paesi hanno ripreso a crescere e oggi si trovano su livelli superiori a quelli del 2007, in altri sono rimasti piatti, mentre in alcuni continua la fase di discesa.

Le ultime rilevazioni evidenziano che a fine 2011 le quotazioni risultavano in forte crescita in Canada, a Singapore, in Australia e a Hong Kong.

La flessione maggiore si registra invece in Irlanda, (-17,4%), Spagna e Danimarca. L’Irlanda è anche il paese dove il calo dei prezzi dal 2007 è risultato più marcato (-48%).

La situazione appare particolarmente complessa negli Stati Uniti, dove l’indice Case Shiller 10 ha registrato variazioni annuali negative per tutto il 2011 e ha continuato a farlo a gennaio 2012. Il mercato immobiliare americano è ancorato dalle circa 12 milioni di abitazioni che oggi hanno un valore inferiore a quello del mutuo ancora in essere. Per quanto riguarda l’Italia, il rallentamento del mercato è visibile soprattutto dal lato delle compravendite. Secondo l’Agenzia del Territorio, nel 2011, le unità abitative compravendute hanno registrato una flessione del 2,2% arrivando a 598mila unità, un valore che non si vedeva dalla fine degli anni Novanta. Meno marcata risulta invece la flessione dei prezzi: dal 2007 a fine 2011 il calo complessivo è stato del 5% circa.

Un andamento anomalo, quindi, rispetto agli altri paesi. A differenza della Spagna, Irlanda e Regno Unito, infatti, dove i prezzi sono scesi bruscamente dopo lo scoppio della bolla, e della Francia, dove invece hanno ripreso a crescere (+5,8% dal 2007) dopo un primo periodo di flessione, nel nostro paese, a una iniziale lieve flessione ha fatto seguito un trend lievemente discendente che non accenna a cambiare di segno e che mostra segnali di maggiore criticità soprattutto se si guarda alle compravendite.

Nel complesso, rispetto al picco rilevato nel 2006, in piena fase di boom del mercato, il numero delle compravendite è sceso del 31,2%. La flessione ha riguardato sia i comuni capoluogo (-0,4% in media) sia quelli minori (-3,1%), e in particolare quelli delle regioni centrali e del Sud.

Al contrario, nelle otto maggiori città italiane il trend è risultato inverso: su base annuale la variazione risulta positiva (+2,4% in media), con un picco registrato a Torino (+6,9% a/a), a Firenze (+6% a/a) e a Genova (+2%). A Roma il numero di compravendite è salito dell’1,4% a/a, confermando un trend positivo che, con l’eccezione del II trimestre del 2011, risulta positivo dall’inizio del 2009.

Relativamente ai prezzi, nel 2011 si segnala una flessione generalizzata sia per le città intermedie (-1,8%) sia per le 13 principali aree urbane (-1,7%).

Ma le riduzioni dei prezzi e delle compravendite immobiliari, secondo BNL Paribas, fanno da contorno a una più marcata contrazione dei livelli produttivi nel settore delle costruzioni, soprattutto nel comparto dell’edilizia residenziale.

Secondo l’Ance, nel 2011, gli investimenti in nuove costruzioni residenziali sono scesi del 7,5% in termini reali rispetto al 2010, mentre le previsioni indicano un’ulteriore flessione del 6% circa per l’anno in corso.

Nel complesso, una lettura univoca dei dati italiani risulta complessa. Secondo l’indice elaborato dall’Economist, nel nostro paesi i prezzi risulterebbero sopravvalutati del 10% circa, il che lascerebbe immaginare un’ulteriore flessione delle quotazioni nel prossimo futuro.