La Bce taglia i tassi allo 0,25%. L'immobiliare spera

Il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha tagliato il tasso di riferimento dell'Euroarea portandolo al nuovo minimo assoluto dello 0,25% dal precedente 0,5%.

La sforbiciata al costo del denaro è una sorpresa che non è una sorpresa: tutti se l'attendevano, anche se non immediatamente, ma a seguito della riunione del direttivo Bce di dicembre.

Il motivo? Recenti segnali sull'andamento dei prezzi evidenziavano come la possibilità di deflazione (inflazione negativa) fosse assai concreta.

Lo scorso 31 ottobre Eurostat aveva riferito che l'inflazione in quel mese ha accusato un rallentamento molto superiore al previsto, finendo sotto lo 0,7% su base annua, vale a dire meno della metà di quel fatidico 2,5% che è il tasso d'inflazione obiettivo della politica moneraria europea.

Tale dato, se considerato assieme al dato sulla disoccupazione, rimasta praticamente invariata a ottobre rispetto al mese precedente su livelli molto alti, prefigura un pericolo di stagnazione nel peggiore dei casi, ma comunque, anche nel migliore, esclude la possibilità che la ripresa economica possa venire innescata dalla domanda interna.

Lo stimolo monetario dovrebbe quindi incentivare gli investimenti.

Ancora più importante, da questo punto di vista, è però il fatto che, con questo taglio del tasso ufficiale, si realizzerà un pressoché totale annullamento del tasso di interesse sui depositi bancari presso la Bce.

Quelle risorse che le banche, non trovando affari ritenuti interessanti, preferiscono depositare nelle casse dell'Istituto centrale in cambio di un rendimento sicuro, anche se non elevato.

La liquidità che si dovrebbe così liberare potrebbe finire, è la speranza dell'istituto di Francoforte, nel sistema economico per finanziare le imprese.

A cominciare, almeno in Italia, dalle imprese del comparto costruzioni, ormai stagnante da troppo tempo, con conseguenze sull'intero sistema economico che sono sotto gli occhi di tutti.

Dal punto di vista dei mutui, invece, il taglio del tasso Bce potrà avere effetto sul costo dell'indebitamento finalizzato all'acquisto del mattone solo indirettamente.

Secondo una simulazione realizzata da Adusbef-Federconsumatori, chi ha comprato casa finanziandosi con un mutuo a tasso variabile potrebbe beneficiare di una diminuzione della rata fino a 28 euro al mese, pari a 336 euro l'anno, per un finanziamento di 200mila euro a 30 anni.

I tassi su cui si basa il credito immobiliare, infatti, non sono decisi dall'autorità monetaria, ma sono quelli che si formano sul mercato interbancario, in base al costo a cui le banche scambiano denaro fra di loro (Irs per il tasso fisso, Euribor per il variabile).

Il tasso Bce funziona solo da riferimento per i tassi interbancari, e il suo effetto non è né perfettamente proporzionale né immediato.

L'andamento del mercato dei mutui nei prossimi mesi potrebbe però essere influenzato in misura maggiore dalla necessità delle banche di trovare impieghi con rendimenti interessanti per la forte liquidità che non troverà più un approdo remunerativo nei depositi presso la Bce.

Ciò dipenderà dalle politiche commerciali che gli istituti decideranno di attuare nei confronti del prodotto mutuo, realizzabili modificando lo spread applicato al tasso di riferimento per determinare il costo del mutuo.

Non sarebbe la prima volta che, a fronte di tassi di mercato in calo, i costi delle rate dei nuovi mutui salgono invece che scendere.
di Guglielmo Notari-monitorimmobiliare